Oggi, in Europa, sono operative circa 7mila Comunità Energetiche Rinnovabili, CER, che coinvolgono un totale approssimativo di 7 milioni di persone. Ce ne sono, per esempio, 1.750 in Germania, 700 in Danimarca e 500 in Olanda.
Le CER possono essere strumenti ad alto impatto ambientale, economico e sociale e contribuire a una risposta efficace all’emergenza climatica, alla crisi energetica e ai rischi di tensioni sociali che stiamo affrontando. In concreto, si tratta di associazioni fra enti locali, aziende, attività commerciali o privati cittadini che, tramite un meccanismo di condivisione, si dotano di infrastrutture per la produzione e l’autoconsumo di energia verde. Di fatto, le CER:
- Abbattono le emissioni di CO2;
- Riducono i costi;
- Possono generare entrate se l’elettricità prodotta in eccesso rispetto al fabbisogno viene ceduta alla rete;
- Promuovono la partecipazione attiva dei cittadini;
- Se necessario, possono fornire supporto a quanti soffrono la povertà energetica.
In principio furono le cooperative energetiche
L’intuizione associativa da cui nascono le CER non è recente e, in origine, non aveva nulla a che fare con le energie rinnovabili. Già negli ultimi anni del XIX secolo, infatti, accadeva che il fabbisogno di elettricità delle fabbriche fosse soddisfatto da piccole centrali dedicate e che l’energia prodotta in eccesso venisse ceduta a insediamenti vicini.
Negli anni Settanta del Novecento, poi, quelle prime forme di cooperazione fecero un salto di qualità in Danimarca, quando, in occasione dello shock petrolifero, i cittadini si opposero ai piani del governo sul nucleare, optarono per l’energia eolica e crearono centinaia di cooperative locali che la producevano e la consumavano. Successivamente, l’esperienza si allargò alla Germania, al Belgio e al resto dell’Europa e le attività di produzione di elettricità si diversificarono per tipologia e dimensioni.
Oggi, si va dalle cooperative con pochi membri e impianti piccoli, di solito solari, a quelle con grandi infrastrutture idroelettriche, a biogas o fotovoltaiche, che servono migliaia di unità abitative. Alcune hanno reti di distribuzione proprie, mentre altre, oltre a produrre energia verde, lavorano con l’efficienza energetica per tagliare i consumi dei propri membri. In Europa, attualmente, ci sono circa 3.600 cooperative energetiche che coinvolgono un milione duecentomila cittadini in ventidue paesi, soprattutto nordeuropei.
Ora è il momento delle CER
Da qualche tempo, non è più possibile creare nuove cooperative energetiche. E così, per non disperderne l’esperienza e approfittando della diffusione sempre maggiore dei pannelli solari che consentono la nascita di sistemi di produzione diffusi, alcune associazioni ambientaliste e federazioni di cooperative europee, alla fine del primo decennio del Duemila, hanno pensato alle Comunità Energetiche Rinnovabili.
Ma le basi per un’accelerazione concreta del fenomeno vennero gettate soltanto fra il 2018 e il 2019. Il booster furono le direttive europee 2018/2001 e 2019/944, che concedevano ai consumatori il diritto all’autoconsumo di energia senza restrizioni e il diritto a essere remunerati per l’elettricità immessa nella rete. Il tutto senza la necessità di costituirsi in cooperativa, ma conservando una forte connotazione associativa e collaborativa. E sommando alla promozione dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare l’abbandono di un modello centralizzato e la riduzione della dipendenza dai sistemi elettrici nazionali.
Come funziona una Comunità Energetica Rinnovabile
Come detto, una CER è formata da più soggetti, pubblici o privati, ubicati in prossimità di un impianto di generazione, che si associano per dar vita ad un ente con personalità giuridica avente per oggetto la produzione, l’autoconsumo e la cessione di energia verde. La partecipazione a una Comunità deve essere aperta e basata su criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori e i membri conservano i propri diritti come clienti finali, compreso quello di uscirne quando lo desiderano.
Gli impianti possono essere di proprietà singola (la copertura fotovoltaica di una scuola, del capannone di un’impresa, di un condominio o di un’abitazione) o collettiva (un parco eolico a servizio di una comunità), oppure messi a disposizione da un soggetto terzo.
Su queste basi, quelli che un tempo erano semplici consumatori passivi diventano produttori e consumatori attivi, o prosumer. Perché generano energia in un impianto proprio, per poi consumarla direttamente e cederne la quota in eccesso ai membri della rete comunitaria che non hanno un sistema di produzione o accumulo.
In genere, la rete comunitaria è digitale e intelligente. Ottimizza la gestione dell’energia in ogni sua fase, dalla produzione, al consumo, allo scambio, fino ad arrivare, in qualche caso, allo stoccaggio del prodotto non immediatamente utilizzato.
Le CER in Italia
L’Italia sconta il ritardo nel recepimento delle normative UE e a oggi, secondo Legambiente, può contare solo su due decine di Comunità Energetiche, nate grazie al D. Lgs. 162/2019, considerato incompleto e definito, in qualche caso, “sperimentale”. Il tutto, a fronte di un potenziale di crescita intuitivamente rilevante e quantificato come tale, fra gli altri, dagli Electricity Market Reports del Politecnico di Milano.
Ora, dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 199/2021, che recepisce in via definitiva le direttive europee, dovrebbero esserci le condizioni per un’accelerazione, perché il decreto:
- Innalza da 200 kilowatt a 1 megawatt il tetto di potenza previsto per i singoli impianti;
- Prevede che ogni CER possa avere più di un impianto e, quindi, disporre di una potenza superiore a 1 megawatt;
- Consente alle Comunità di allacciarsi direttamente alle cabine primarie, che trasformano l’alta tensione in media e, di conseguenza, possono gestire migliaia di utenze. In precedenza, il limite di allaccio alle cabine secondarie faceva sì che il numero delle utenze rifornibili fosse ridotto.
Queste novità – la terza, soprattutto – possono cambiare radicalmente lo scenario e rendono ancora più urgente uno degli ultimi passi ancora da compiere: la pubblicazione – da parte di ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) e GSE (Gestore Servizi Elettrici), su informazioni dei distributori di energia – della mappa della rete elettrica italiana, col dettaglio dei punti tramite i quali le CER potranno accedervi, siano esse composte da imprese, condomini, interi quartieri o pubbliche amministrazioni. Si tratta, in pratica, di una cartina che, in base all’indirizzo degli interessati, dirà loro dove e insieme a chi sarà possibile creare una Comunità Energetica Rinnovabile.
Inizialmente, la pubblicazione era prevista entro il primo trimestre del 2022, poi è slittata ad agosto. Ora è attesa, forse con ottimismo, entro fine anno.
Fonti
www.enea.it/it/seguici/pubblicazioni/pdf-volumi/2021/opuscolo-comunita-energetica.pdf
www.energystrategy.it/osservatorio-di-ricerca/electricity-market/
www.repubblica.it/green-and-blue/2022/10/06/news/mappa_comunita_energetiche-368408452/