Abbiamo parlato qui di cosa sono e come funzionano le Comunità Energetiche Rinnovabili. Vediamo ora in sintesi le cose da fare per crearne una. Dopo, ovviamente, aver accertato la volontà di associare più soggetti privati e/o pubblici in un processo di autoproduzione, autoconsumo e condivisione di energia verde.
Area e infrastruttura
Il primo passo è individuare l’area sulla quale installare l’impianto di generazione. L’impianto, che per esempio può essere fotovoltaico oppure eolico, può sorgere su un terreno privato, sul tetto di un’azienda, di un condominio o anche di un edificio di proprietà pubblica. In alternativa, si può scegliere un’infrastruttura preesistente, che i proprietari mettono a disposizione della CER e che, se necessario, può essere potenziata o adeguata alle nuove esigenze.
In ogni caso, quali che siano la natura e la tipologia della superficie che lo ospita, l’impianto (nuovo o esistente, di proprietà di uno o più membri della CER oppure di soggetti terzi) va installato nei pressi delle utenze che serve.
Allaccio
Dal punto di vista tecnico, l’infrastruttura deve avere una potenza complessiva non superiore a 1 Mw e deve essere allacciata alla rete di distribuzione tramite la cabina primaria o secondaria più vicina. Una cabina primaria trasforma l’alta tensione in media e può gestire migliaia di utenze. Una cabina secondaria trasforma la media tensione in bassa e può gestire un numero ridotto di utenze.
La normativa vigente considera vicini “i titolari di connessioni su rete elettriche di bassa tensione alimentate dalla medesima cabina di trasformazione di media/bassa tensione”. Quindi, per semplificare, l’impianto di generazione di una Comunità Energetica deve essere collegato alla rete elettrica tramite la cabina più vicina, la stessa utilizzata dai membri della CER per prelevare e cedere energia.
La cabina più vicina viene individuata grazie alle informazioni fornite dal Distributore locale competente per territorio, al quale va presentata una specifica richiesta. Il Distributore locale è il gestore di una rete di distribuzione territoriale ed è responsabile di tutte le attività che la riguardano, compreso il pronto intervento.
Oltre che per ragioni di carattere esclusivamente tecnico, la cabina è importante perché può consentire ai promotori di una CER di ampliarla, cercando altri membri potenziali fra tutti coloro che sono allacciati alla struttura individuata.
Forma giuridica
I componenti di una Comunità Energetica possono essere diversi: dalle persone fisiche a quelle giuridiche; dalle piccole imprese alle medie; dagli enti territoriali alle amministrazioni locali; dagli enti religiosi a quelli del terzo settore; dagli istituti di ricerca a quelli di formazione. Tutti, però, devono essere clienti finali intestatari di un’utenza elettrica, di una bolletta e di un codice POD, ovvero del codice alfanumerico che identifica ciascun contatore.
Per loro, la partecipazione ad una CER non deve rappresentare la principale attività commerciale o industriale. Perché, come detto, l’obiettivo deve essere l’autoproduzione, l’autoconsumo e la condivisione dell’energia: le CER non hanno fini di lucro.
Una volta raccolte le adesioni necessarie a creare una CER, si deve scegliere la forma giuridica da attribuirle. Quelle più utilizzate sono la cooperativa e l’associazione.
In linea teorica, la forma cooperativa tutela meglio i propri membri, perché prevede una registrazione e l’intervento di un notaio. Questo permette di fronteggiare con maggiore tranquillità eventuali contenziosi, potenzialmente più numerosi col crescere del numero dei soci.
Ma visto che creare una cooperativa è più costoso, sempre più frequente è la scelta della forma associativa.
In entrambi i casi, comunque, è necessario procedere a delle nomine e alla redazione di un regolamento o di uno statuto, per assegnare responsabilità e gestire attività e benefici.
Il riconoscimento dal GSE
Al termine delle procedure tecniche (la scelta della cabina) e di quelle associative (individuazione dei membri e costituzione del soggetto giuridico), la Comunità Energetica Rinnovabile deve essere riconosciuta dal Gestore Servizi Energetici (GSE), al quale va presentata una formale richiesta.
Costi e benefici
Infine c’è il tema dei costi da affrontare e dei benefici di cui godere.
Riguardo i costi, il necessario per creare e attivare una CER può arrivare tramite forme di azionariato popolare, vale a dire tramite quote raccolte fra i soci. In alternativa, esistono strumenti bancari specifici, fondi appositi messi a disposizione da alcune amministrazioni regionali, o i circa due miliardi di euro di aiuti alle nuove Comunità Energetiche Rinnovabili previsti dal PNRR.
Ed ecco i vantaggi immediati di cui le CER e i loro membri possono godere:
- agevolazioni fiscali quali detrazioni o superammortamenti;
- tariffe speciali pluriennali gestite dal GSE;
- incentivi pubblici per ogni kWh prodotto;
- risparmi sui costi, perché ogni socio, pur mantenendo il contratto con il proprio fornitore e continuando a pagargli la bolletta, può ricevere dalla Comunità un importo periodico, non tassato, per la condivisione dei benefici da essa goduti, per esempio cedendo alla rete, a prezzi di mercato, l’energia prodotta e non autoconsumata;
- riduzione delle componenti variabili previste in bolletta, in caso di autoconsumo.
E poi ci sono i benefici sociali e ambientali, meno immediati ma comunque importanti.
I vantaggi sociali hanno a che fare con una consapevolezza nuova e un accresciuto senso di condivisione e responsabilità nei confronti della comunità. Quelli ambientali derivano dalla produzione di elettricità pulita, dallo sviluppo di reti energetiche sostenibili, dal minore utilizzo di fonti fossili – inquinanti e climalteranti – e, in definitiva, dal miglioramento dell’impronta ecologica individuale e collettiva.
Fonti